Enrico Degaglio-La banalità del bene, Libro

« Older   Newer »
  Share  
chek94
view post Posted on 16/3/2011, 22:42




image

"Lei cosa avrebbe fatto?". Con questa domanda semplice ed imbarazzante si apre il libro di Deaglio che racconta una Storia Importante che stava per perdersi nella cattiva coscienza e nella cattiva memoria negli stati dopo la seconda guerra mondiale. E' la domanda che Giorgio Perlasca, l'uomo che fingendosi Console Spagnolo salvò fra il 1944 ed il 1945 più di 2000 ebrei ungheresi da morte certa, pone durante l'intervista di Deaglio. Quasi a sottolineare una complicità con tutti coloro che durante la seconda guerra mondiale si sono trovati di fronte la scelta fra il salvare delle persone o badare al proprio ritorno. Purtroppo non è vero che la scelta fosse così scontata. Chi ha rinunciato pensando a salvare la propria pelle. Chi, come Perlasca, si è inventato una soluzione per combattere l'ingiustizia che proprio non riusciva a sopportare. Questa la ragione del suo comportamento.
Chi è Giorgio Perlasca? Non un antifascista, Perlasca aderì al fascismo delle prime ore, partendo volontario per la Spagna a combattere per Franco. Di quell'esperienza Perlasca avrebbe serbato il ricordo per sempre, acquistando una padronanza dello spagnolo tale da far credere a tutti alla sua bugia: io sono il console spagnolo, anche quando Madrid era ignara di tutto ed aveva ritirato la sua legazione ufficiale dall'Ungheria.
Perlasca conservò il ricordo della sua storia, che si perse per circa 40 anni, fino alla fine degli anni ottanta, quando grazie all'opera di alcune delle persone che aveva salvato anni prima, su insignito di onori dalla Spagna, dall'Ungheria, da Istraele, dagli USA e dall'Italia. L'onoreficenza più alta conferitagli, il riconoscimento da parte di Yad Vashem, il museo sull'olocausto di Gerusalemme, del titolo di Giusto, invitandolo a piantare un albero sulla Strada dei Giusti sul Monte della Rimembranza. Quindi, Perlasca non è un santo né un eroe. Giorgio Perlasca è un giusto.

Chi sono i giusti? Questo termine ricorre spesso in molti film e libri che parlano di olocausto. Oskar Schindler era un giusto. Bisogna andare ad una storia del Talmud per capirne il significato. Secondo la tradizione ebraica, in ogni epoca nel mondo ci sono sempre 36 giusti, persone che semplicemente non possono tollerare alcun tipo di ingiustizia. E' per amor loro che Dio non distrugge il nostro mondo. Nessuno sa chi siano questi giusti, non hanno segni particolari di riconoscimento. Nemmeno loro sanno di esserlo. Ma davanti all'ingiustizia, reagiscono in modo da farsi carico della sofferenza delle persone. Questi sono i giusti, e Giorgio Perlasca è uno di loro.
Il libro si articola come un'intervista fatta a questo signore ormai 80enne, con ancora negli occhi la memoria e la lucidità di quei giorni in cui, insieme a persone come Raul Wallemberg e Monsignor Roncalli, si diede da fare per salvare quanti più ebrei possibili, facendo fallire la soluzione finale in Ungheria. Il primo capitolo è una chiacchierata con Perlasca, per farci capire chi è questa persona che mise la sua vita in pericolo perché non riusciva ad accettare l'ingiustizia che si stava perpetrando contro gli ebrei. Nel secondo fino al quarto, Deaglio ci racconta come la storia di Perlasca è tornata a galla e quale era la situazione dell'Ungheria in cui Perlasca ha operato. Dal quarto capitolo fino all'ottavo è Perlasca che parla, attraverso il diario che tenne durante tutti i giorni che passò all'ambasciata spagnola in qualità di finto console. In quei giorni, Perlasca cercò di salvare quante più persone possibile, sottoscrivendo migliaia di lettere di protezione false, difendendo in prima persona le case protette dalla Spagna in cui avevano trovato rifugio migliaia di ebrei ungheresi dalle trutte tedesche e dai Crocefrecciati ungheresi. Con sudore, urlando contro le persone, organizzando coloro che vivevano nella costante paura e dando loro una speranza di sopravvivenza. Le parole di Perlasca sono parole di paura, di preoccupazione, ma anche di lucida analisi della situazione. Ciò che appare evidente è anche la ritrosia della diplomazia vera ad agire in modo forte e determinato. E questo non fa che sottolineare la colpa dei paesi, anche facenti parte degli Alleati, che agirono secondo logiche di opportunità politico-militare. Perlasca, invece, non era un diplomatico e potè permettersi un comportamento più sincero, violento in certi casi, ma molto efficace. Minacciò le SS che si rifiutavano di consegnare le persone che lui aiutava, parlò con coloro che comandavano in Ungheria con la foga e la spavalderia dei vincitori, lui, imbroglione italiano che si fingeva console spagnolo.

Deaglio riporta un episodio importante della storia di Perlasca, che da il titolo al libro. Perlasca si trovò a sottrarre dai treni della morte due bambini, due gemellini, scontrandosi con un sottufficiale delle SS. In soccorso di questo, arrivò un colonnello che, disturbato da Perlasca, gli fece notare che, comportandosi in quel modo, disturbava il suo lavoro. Poi, i due gemellini furono lasciati andare. Il colonnello liquidò il tutto dicendo a Perlasca: " Li tenga. Verrà il loro momento. Verrà anche per loro". Quell'uomo era Adolf Otto Eichmann. Deaglio contrappone il personaggio della "Banalità del Male" alla "Banalità del Bene". L'uomo che aveva fatto uccidere, organizzato e gestito lo sterminio di più di 6.000.000 di ebrei come fosse l'incombenza di un impiegato ministeriale, con lo stesso distacco, contrapposto all'uomo che, con la semplicità che poteva, ha salvato alcune migliaia di persone: "... perché era la cosa giusta da fare".
Trovo che l'importanza di questo libro sia legata essenzialmente alla testimonianza che porta, di una storia che, come Deaglio stesso dice: "... è stata acciuffata per un pelo. Pochi anni, e sarebbe rimasta sepolta o non creduta". Poco ancora, e avremmo perso la memoria di una Storia Importante, una storia che dimostra che chi ha torturato, chi ha ucciso, chi ha semplicemente girato le spalle, aveva un'altra possibilità, poteva scegliere diversamente. E non lo ha fatto. Giorgio Perlasca con la sua storia restituisce serenità e speranza, ma è anche un feroce atto d'accusa a chi non ha fatto, a chi non ha agito.

Giorgio Perlasca è morto nel 1992. Di lui rimane la sua storia, semplice e meravigliosa, la sua testimonianza della banalità del bene. Gli sono stati riconosciuti onori e gloria, alcune scuole ed alcune strade porteranno il suo nome. Resta la storia di un uomo giusto, che mi ha fatto sentire più sereno nel portare il mio nome italiano.
 
Top
0 replies since 16/3/2011, 22:42   3 views
  Share